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Operaie Foxconn al lavoro alla catena di montaggio |
È il New York Times a far cadere un velo su una realtà al limite dell’incredibile con una lunga e dettagliata
inchiesta cui, finora, la Apple, principale committente di prodotti che ne hanno decretato l’inarrivabile successo degli ultimi dieci anni (utili a 13 miliardi di dollari), non ha voluto replicare ufficialmente.
Questa realtà parla di incidenti, spesso mortali, nelle differenti aziende che lavorano per il gigante americano dell’elettronica. Con un’attenzione particolare alla Foxconn, se non altro perché è la più grande fabbrica della Repubblica Popolare (un milione e 200 mila tra operai e addetti) che, oltre a quelli della Apple, assembla i prodotti di industrie come Amazon, Dell, Hewlett-Packard, Nintendo, Nokia e Samsung. La Foxconn, entrata nelle cronache per una
«epidemia» di suicidi tra i suoi dipendenti, ha il suo centro nevralgico a Chengdu, metropoli di 12 milioni di abitanti nella provincia del Sichuan, ma ha fabbriche ovunque in Cina e, scrive il
New York Times, dai suoi capannoni esce il 40% di tutti i prodotti di elettronica venduti nel mondo con svariati marchi.
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Tipica sala antistress in uno stabilimento Foxconn |
Basta leggere il cartello che mette in guardia gli operai: «Lavorate duramente oggi o duramente trovatevi un altro lavoro domani». Poi il
New York Times elenca con precisione come lavorano i dipendenti: turni sulle 24 ore, sei giorni su sette, 12 ore per turno, senza potersi mai sedere, punizioni per i ritardatari, costretti a scrivere umilianti lettere di scuse, dormitori affollati all’inverosimile.
La Foxconn si difende negando di «maltrattare gli operai» e anzi affermando di «rispettare le leggi della Repubblica Popolare». D’altro canto, la Apple ha varato un codice di condotta aziendale che vieta di servirsi di fornitori che impongano condizioni disumane ai dipendenti. Evidentemente, fa capire il
New York Times, non sempre queste condizioni vengono verificate puntualmente. Altrimenti la Foxconn non sarebbe tra i fornitori della Casa di Cupertino. Quando il britannico
Mail on Sunday ha pubblicato un'inchiesta sui metodi impiegati in un impianto della Foxconn a Shenzhen (turni infiniti e persino punizioni fisiche, come l’obbligo di fare flessioni in stile caserma), alcuni dirigenti della Apple si sono detti «scioccati: non sapevamo che cosa succedesse davvero in Cina, tutto questo deve essere cambiato».
Poco si può fare per modificare tutto ciò perché i margini per il fornitore sono esigui e possono aumentare soltanto riducendo i costi di produzione. In Cina questo viene fatto a spese dei lavoratori, costretti a turni inaccettabili, a utilizzare prodotti chimici pericolosi, a subire soprusi per lavorare di più e meglio. «Una volta che la Apple ha scelto un fornitore - spiega al New York Times un anonimo (ex) manager - difficilmente si preoccupa se il codice di condotta è rispettato come garantito prima di firmare il contratto». Essenziale per l' azienda di Cupertino e per i suoi fans"melamaniaci" è che gli iPad e gli iPhone siano colorati e perfetti, scintillanti all' interno degli Apple Store, secondario, se non addirittura inessenziale sapere del sudore e della sofferenza nascosti nei circuiti interni.
INCHIESTA DEL NEW YORK TIMES:
http://www.nytimes.com/2012/01/26/business/ieconomy-apples-ipad-and-the-human-costs-for-workers-in-china.html?_r=1&hp